Frequently Asked Question & Answer (F.A.Q.)

Prima parte (unità didattiche 1-4)

1. Che differenza c’é fra economie di scala e di scopo? Le economie di scala sono riduzioni del costo medio unitario (economie) generate da un maggiore sfruttamento degli impianti e, in generale, da una maggiore dimensione (scala) di una qualsiasi attività aziendale (vi sono economie di scala negli approvvigionamenti, per effetti ad esempio degli sconti-quantità; nella logistica per effetto di impianti e sistemi informativi più grandi, moderni ed efficienti; ecc. ecc. ...gli economisti definiscono proprio a tale riguardo il concetto di rendimenti crescenti delle attività, di dimensioni "ottime", minime e massime degli impianti, ecc. ecc. vedere programmi di Economia Politica – micro – e di Economia e Politica Industriale). Le economie di scopo, invece, sono riduzioni nel costo medio unitario generate dalla condivisione di una medesima attività (tangibile o intangibile - impianti, macchinari, conoscenze, marchi, ecc.) fra due o più prodotti. Ad esempio, una medesima rete di vendita che promuove, vende e distribuisce tre linee di prodotti aziendali, invece di una sola linea, consente certamente di realizzare delle economie di scopo . Esse sono definite anche economie di "portata" o di "ampiezza del raggio d'azione", nel senso che si realizzano economie (riduzioni relative dei costi) all'aumentare dell'ampiezza del raggio d'azione dell'impresa (misurato ad esempio in termini di numero di linee o di varietà di prodotti). La misura di tali economie e' data dalla differenza fra i costi della realizzazione e della vendita combinata di due linee o varietà di prodotti rispetto alla loro realizzazione e/o vendita separata (in genere i costi all’aumentare delle linee aumentano meno che proporzionalmente….e per questo si realizzano delle economie)…….ricorrendo a un adagio popolare si realizza un’economia di scopo allorquando si “fa una via e due servizi"…….o si prendono “due piccioni con una fava”.

2. Cosa sono le economie di espansione? Il concetto è complesso e richiederebbe ulteriori approfondimenti. In estrema sintesi e riprendendo alcune considerazioni della domanda n.1,le teorie tradizionali impostano la propria analisi sull’individuazione di “relazioni assolute” tra dimensione delle imprese ed economie (di scala, di scopo e di varietà) ottenibili. Negli ultimi decenni, più che cercare una relazione funzionale tra produttività di un sistema e sua dimensione, ha avuto inizio il dibattito sulla relazione tra dimensione e dinamiche evolutive, queste ultime intese come “elasticità nel rispondere ai mutamenti ambientali”. In altri termini, per il conseguimento di certe economie non sarebbe necessario, né opportuno, definire a priori se conviene accrescere o diminuire le dimensioni dell’impresa. In questo senso, le economie dimensionali non hanno natura “statica”, ma prendono la forma di “economie di sviluppo (economie di espansione) in cui la possibilità di ottenere delle economie non dipende dalla dimensione assoluta raggiunta dalle imprese, ma dal percorso dimensionale (sviluppo) che l’impresa segue nel tempo per apprendere e utilizzare al meglio le conoscenze acquisite. Il concetto è stato sviluppato dagli studiosi della teoria dello sviluppo che cercano di spiegare la vitalità delle piccole imprese e allo stesso tempo i vantaggi della grande impresa.Tali economie, possono anche non aver nessun rapporto con le dimensioni dell’impresa cioè, possono o no tradursi in economie di dimensione.

3. Cos’è l’embeddedness? L'embeddedness è il fenomeno della contestualità dei processi economici d'impresa, ossia l'interdipendenza con le risorse (capitale umano e capitale sociale) nel contesto in cui opera, che ne condiziona (in positivo e/o in negativo) tanto l'efficacia quanto l'efficienza dello svolgimento. Tale concetto, evidenzia come legami apparentemente deboli tra impresa e interlocutori esterni, possano invece avere un forte impatto sulla competitività e performance d'azienda e non solo, ma anche su assetti istituzionali e finalità imprenditoriali.

4. Quali sono, se ci sono, le differenze tra una filiera e una holding? Si tratta di due concetti radicalmente diversi. Con il termine filiera in genere si intende un insieme di imprese collegate da relazioni di fornitura e clientela che dall’impiego di materie prime giungono ad elaborare (produrre) prodotti finiti. Si parla ad esempio di filiera agro-industriale, intendendo la sequenza di imprese sovente collegate con meccanismi informali - o di puro mercato - che vanno da quella agricola, a quella di prima trasformazione, sino a quella di produzione di prodotti alimentari che utilizza ad esempio frutta, prodotta dalla prima e lavorata dalla seconda. Il termine holding, fa riferimento ad un modello organizzativo di gruppo dove un’impresa (capo-gruppo) controlla altre imprese (controllate). La principale distinzione è fra: holding industriale dove la capogruppo realizza non solo un’attività di coordinamento strategico e finanziario ma anche un’attività produttiva (es. Carraro, Fin.Par, ACEA, ecc.. ); holding finanziaria caratterizzata dalla presenza prevalente di partecipazioni tra le proprie attività (es. Camfin, Gemina, ecc..).

5. Il concetto di filiera di produzione coincide con il concetto di distretto? No. Una filiera puo' avere una localizzazione concentrata, e quindi assumere i caratteri di un distretto, ma non e' detto Il distretto e', infatti, una concentrazione geografica di imprese (alcuni autori parlano di ispessimento produttivo) caratterizzate da forti interdipendenze (ad esempio tutte specializzate su una stessa produzione - ancorché differenziata; oppure legate da relazioni di fornitura, oppure in "filiera").

6. Qual è la differenza tra “internazionalizzazione” e “globalizzazione”? La globalizzazione e' “una forma estrema” di internazionalizzazione. In altri termini, la globalizzazione può essere vista come l'interrelazione dei mercati su scala mondiale e, solo per determinati settori, assume anche il significato di “omogeneità transnazionale” della domanda. L’internazionalizzazione rientra tra le attività di espansione delle imprese. Tale attività è caratterizzata: dalla crescita del commercio mondiale (aumentano le esportazioni); espansione multinazionale (allestimento di impianti all’estero, acquisizioni di società straniere).

7. Come definire il concetto di processo aziendale e descrivere le categorie di processi identificati dal modello della catena del valore? Per processo aziendale si intende l'insieme sequenziale e organizzato, in modo implicito e esplicito, di attività funzionali alla produzione e allo scambio di un bene o di un servizio. Secondo il modello della catena del valore, ci sono processi – invero definite attività - primari e processi di supporto. I processi primari comprendono la logistica in entrata, le attività operative, la logistica in uscita, il marketing e vendite e i servizi. Mentre le attività di supporto riguardano gli approvvigionamenti, lo sviluppo della tecnologia, la gestione delle risorse umane e le attività infrastrutturali. In base all’esame della sua catena del valore comparata con quella dei principali concorrenti, l'impresa potrà decidere quale tipo di strategia competitiva adottare, se adottare una strategia di leadership di costo, una di differenziazione o di concentrazione su un singolo segmento di mercato, al fine di valorizzare processi o attività sulle quali sono riscontrabili performance eccellenti rispetto ai competitor.

8. Alla domanda che chiede le fasi in cui si sviluppa l'innovazione tecnologica, devo rispondere della fase dell'invenzione, della selezione e dell'innovazione? Oppure devo parlare della ricerca di base, della ricerca applicata, dello sviluppo e della prototipizzazione, dell'ingegnerizzazione e della commercializzazione? Entrambe le risposte sono corrette. La prima si concentra sull’innovazione tecnologica come processo economico-industriale. La seconda sul processo innovativo tipico dell’impresa, e quindi in una prospettiva prettamente gestionale.

9. Alla domanda sui processi di gestione della funzione ricerca e sviluppo devo parlare della valutazione strategica delle politiche di R&S oppure solo della gestione operativa? La gestione operativa riguarda solo la ricerca di base, la ricerca applicata, lo sviluppo e prototipizzazione, l'ingegnerizzazione e la commercializzazione oppure devo parlare anche della definizione del budget complessivo, del portafoglio progetti della valutazione e selezione dei progetti e del controllo? La gestione operativa della R&S è la sequenza che porta dall'idea al prototipo al lancio per il singolo progetto di R&S. Valutazione del budget, selezione dei progetti e controllo sono attività di natura più strategica, anche se costituiscono parte essenziale – e per certi versi operativa - della gestione della funzione R&S dell’impresa.

10. Cosa vuol dire firm-specific? "Firm-specific" significa "specifiche dell'impresa". Il problema e' capire a cosa lo si riferisce. Alle risorse e alle competenze? Allora vuol dire che non sono replicabili in altre imprese e sono fonte di vantaggio competitivo. Insomma la locuzione deve essere sempre specificata.

11. Cosa sono le economie di specializzazione e di organizzazione? Le economie di specializzazione sono le classiche economie di apprendimento o di esperienza che dir si voglia, concettualizzate da Adam Smith e misurate dagli ingegneri americani della Boeing (vedasi appunti dalle lezioni di EGI). Quelle di organizzazione sono di diverso tipo. In linea di principio sono assimilabili alle economie di scopo, ossia alla capacità di generare "sinergie" organizzative, producendo più output con uno stesso tipo di input (ad esempio un tecnico che addestra personale appartenente a diverse unità organizzative della medesima impresa).

12. Cos’è la SWOT analysis? SWOT sarebbe l'acronimo di Strength, Weakness, Opportunities e Threats, cioè, in altri termini, l'analisi dei punti di forza e di debolezza interni all’impresa e delle opportunità e minacce che derivano dal contesto esterno. Lo schema SWOT è spesso utilizzato per la definizione e la valutazione delle strategie di business delle imprese cioè, della “condotta” delle imprese all’interno del proprio ambiente di riferimento. L’ambiente esterno di riferimento può essere definito dalle relazioni dell’impresa con i clienti, i concorrenti e i fornitori.

13. Qual è la differenza sostanziale tra le strategie complessive e le strategie competitive? Le strategie complessive rispondono alla domanda: dove competere?; le strategie competitive rispondono alla domanda: come competere?

14. Lo sviluppo orizzontale via acquisizioni si realizza raggruppando più imprese operanti nello stesso mercato? Non esattamente. Secondo un’impostazione tradizionale, l’entità dei legami (relatedness) deve far riferimento non solo agli aspetti di “marketing” ma anche ad aspetti tecnologici e produttivi. Seguendo questa prospettiva, è spesso esaminata la relazione tra differenti tipologie di acquisizione e differenti fonti di creazione di valore cioè, differenti forme di sinergie ottenibili. Diversi autori, hanno ipotizzato e verificato empiricamente come la possibilità di ottenere economie di scala, economie di scopo e un maggior potere di mercato (operational and collusive sinergy) “spiega” il concretizzarsi di operazioni di acquisizione verticali, orizzontali e di diversificazione laterale (tutte operazioni di acquisizioni generalmente definite correlate). Le acquisizioni non correlate (conglomerali “puri”) sarebbero invece motivate dalla possibilità di ottenere delle sinergie di carattere finanziario (financial synergy).

15. Cos'è una joint venture e un venture capitalist? Una Joint Venture e' una forma di accordo fra due o più organizzazioni - due imprese, una università e una impresa, un centro di ricerca e un'impresa ....alla lettera "avventura insieme" -. Sono forme di alleanze tipiche di imprese che devono perseguire progetti ad elevato rischio e che mediante la joint venture combinano le loro riscorse - accrescendo la probabilità di successo - e soprattutto condividono il rischio di insuccesso. Ad esempio il Consorzio Iridium per sviluppare la telefonia satellitare e' una forma di joint venture fra molte imprese diverse per business e nazionalita'.... Il venture capital, e' una forma di finanziamento di imprese molto innovative, e quindi ad elevato rischio. I finanziatori della gran parte delle imprese internet erano dei venture capitalist. "Pino Venture" in Italia e' un esempio di venture capitalist. Ha partecipato sin dallo start up alla compagine azionaria di imprese come Vitaminic, "rischiando" (ecco perchè "venture") su una piccola impresa in un settore molto innovativo, ma con la possibilità di ottenere elevati ritorni, derivanti dalla crescita del valore della start up (come e' accaduto per esempio nel caso di Tiscali, che una volta quotata in borsa ha consentito al venture capitalist di recuperare con enormi ritorni i capitali inizialmente investiti nell'avventura).

17. Vorrei avere dei chiarimenti sulla definizione di teoria dell'agenzia. Alla base della teoria dell’agenzia c’è l’assunto che gli interessi fra principal ed agent divergano (conflitti d’interesse). Per tale ragione si potrebbero rilevare, in azienda, comportamenti opportunistici con cui il principal tenderebbe ad appropriarsi di maggior valore a discapito dell’agent o viceversa.

La stakeholder theory tiene conto delle diverse esigenze in senso positivo (cioè come le diverse esigenze degli stakeholder aziendali si incrociano con l'attività dell'impresa). Essa individua il ruolo e l’influenza che i vari stakeholder hanno nei rapporti con l’impresa. Noi siamo particolarmente interessati a questa teoria per i suggerimenti che ne possono derivare in termini di possibili scelte di integrazioni verticali oppure orizzontali, alleanze o per la semplice conoscenza dell'impatto dell'attività di uno stakeholder sull'attività dell'impresa. Da questo punto di vista suggerisco di prestare attenzione ad uno di questi modelli riportati nello Sciarelli.

18. Quale significato dà ai parametri moral hazard, adverse selection e free-riding della teoria dell'agenzia? Sono tre fenomeni (e non parametri) abbastanza complessi....anche se essenziali per la teoria dell'agenzia. Limitatevi a quello che spiega al riguardo lo Sciarelli (il primo e' un atteggiamento negativo e opportunistico che puo' divenire comportamento a ragione di una percezione di non equità nel rapporto principal agent; il secondo e' sintetizzabile con il concetto della moneta cattiva che scaccia la buona in contesti di asimmetria informativa e incapacita' valutativa per cui ci si tara sull'alternativa che minimizza il rischio economico anche se poi risulta quella di minore qualita'; il terzo e' il fenomeno dell'opportunismo transazionale, frequente in contesto in cui non c'e' la possibilita' di controllare le aizoni di chi potrebbe fare free riding e soprattutto non vi sono successivi scambi nei quali il free rider teme di dover "pagare" per il comportamento

19. La resource-based theory. E' una Teoria che concepisce l'impresa come un insieme di risorse (di conoscenza e di relazioni). Da tali risorse dipendono le performance aziendali (ossia il valore attuale vedere appunti seconda unità) e soprattutto le opportunità di sviluppo futuro (ossia il valore potenzialità).
La finalità dell'impresa, quindi, dovrebbe essere quella di accumulare in continuo tali risorse (di natura immateriale) così da poter efficacemente perseguire la creazione di valore, obiettivo assoluto, grazie al conseguimento del quale e' possibile perseguire gli obiettivi relativi (quelli dei diversi stakeholder, grazia alla distribuzione/diffusione del valore).

20. Concetto di curva di apprendimento. E’ legata in qualche modo alle economie di apprendimento e di scopo? L'economia di apprendimento e' una riduzione dei costi medi unitari per effetto della specializzazione delle risorse umane, ossia per effetto dell'apprendimento nello svolgimento di un determinato compito (specializzazione e apprendimento grazie al quale viene svolto in modo più efficiente, quindi con minori costi a parità di output, al crescere delle volte in cui viene realizzato - e quindi del tempo).
L'economia di apprendimento viene rappresentata graficamente con una curva detta appunto curva d'apprendimento o curva dell'effetto esperienza. Il concetto di economia di scopo e radicalmente diverso.

21. Per globalizzazione dei mercati, si fa riferimento anche alla omogeneità della domanda o solo alla interrelazione su scala mondiale,visto che il libro parla di tesi diverse. Per globalizzazione io ritengo ci si debba riferire a un fenomeno che definisce l'ampliamento su scala globale del raggio d'azione delle imprese anche a ragione del fenomeno delle interrelazioni fra imprese in concorrenza fra loro. In tal senso un business diventa globale quando i concorrenti che in esso operano traggono il loro vantaggio competitivo proprio dalla possibilità di operare (commercialmente e organizzativamente) in più paesi del mondo. L'omogeneizzazione della domanda e' un fenomeno in parte antecedente e in parte conseguenza della globalizzazione. Io non ritengo lo si debba considerare come essenza del fenomeno "globalizzazione delle imprese", sarà eventualmente parte del macro-fenomeno "globalizzazione dell'economia".

22. Definire il concetto di processo aziendale e descrivere le categorie di processi identificati dal modello della catena del valore. Per processo aziendale si intende l'insieme sequenziale di attività funzionali, organizzate per produrre un bene o un servizio. Secondo il modello della catena del valore, ci sono processi primari e processi di supporto. I processi primari comprendono la logistica in entrata, le attività operative, la logistica in uscita, il marketing e vendite e i servizi. Mentre le attività di supporto riguardano gli approvigionamenti, lo sviluppo della tecnologia, la gestione delle risorse umane e le attività infrastrutturali. In base a ciò l'impresa dovrà decidere quale tipo di strategia competitiva adottare, se adottare una strategia di leaderchip di costo, una di differenziazione o di focalizzazione.



Seconda parte (unità didattiche 5-8)


1. Come si riclassifica lo stato patrimoniale secondo il criterio funzionale? Il criterio funzionale serve ad analizzare la situazione patrimoniale nella prospettiva delle attività operative, ossia quelle strettamente connesse al ciclo di gestione. Ad esempio, per un’impresa industriale, un immobile a uso civile, viene collocato nell'attivo dello s.p. anche se in fase di riclassificazione funzionale dovrà essere iscritto fra le attività “non operative” (analogamente ai “titoli di stato” che l'azienda ha in portafoglio, in quanto non connessi alle attività operative). Lo stabilimento di produzione o uno specifico impianto, al contrario, dovrà essere iscritto fra le attività operative. Il medesimo principio vale per la riclassificazione del passivo. Un debito verso fornitori è generato dalla gestione operativa, quindi sarà iscritto nel passivo corrente.

2. Come si calcola il CCNC? Il CCNC è semplicemente la somma algebrica delle attività commerciali e delle passività commerciali. In molti casi è dato da “clienti+rimanenze-fornitori”.

3. Cosa indica una variazione negativa del CCNC? Segnala che il ciclo acquisto - trasformazione e vendita ha generato risorse finanziarie.

4. Nello SP riclassificato secondo il criterio funzionale, il fondo ammortamenti impianti è incluso tra le passività estranee alla gestione commerciale?
No. Il fondo ammortamento impianti è già iscritto “a storno” del valore degli impianti (ammortamento diretto), e quindi non viene riclassificato.

5. Cosa significa una diminuizione dei debiti commerciali in termini di analisi fonti-impieghi? Costituisce un impiego di risorse finanziarie.

6. Il MOL è una fonte di risorse finanziarie prodotte dalla gestione. E’ vero?
Si

7. Quando in un conto economico a valore aggiunto si determina un elevato valore dell'aggregato "produzione di esercizio" si può affermare che ci si trova in presenza di un alto grado di integrazione verticale dell'impresa? Si.

8. A cosa si riferisce l'analisi ABC delle materie prime e dei prodotti finiti? E’ un’analisi della struttura economica della materie prime e/o dei prodotti finiti. In particolare viene esaminato il grado di concentrazione del valore (fatturato acquisti o vendite) a partire dal numero di referenze (materie prime o prodotti finiti). Si tratta di un classico strumento di analisi per la gestione logistica che tende a identificare materie prime, componenti, semilavorati o prodotti finiti a più elevato valore….sui quali concentrare gli investimenti logistici. Solitamente si verifica una concentrazione “paretiana”: il 20% delle referenze incide per l’80% sul valore economico di riferimento (acquisti, fatturati, ecc. ecc.).

9. Contestualmente alla riclassificazione dello S/P secondo la pertinenza gestionale vorrei sapere se i c/c attivi e la cassa vanno considerati come attività operative legate alla gestione commerciale. Nella riclassificazione funzionale cassa e c/c attivi non sono da considerarsi attività accessorie. Nella riclassificazione del bilancio in base al criterio della “pertinenza gestionale” la riaggregazione delle voci avviene considerando il collegamento (appunto la “pertinenza”) con le fasi del ciclo di acquisto-trasformazione-vendita caratteristico della gestione industriale. Vengono mantenute separate dalle decisioni operativo-industriali, le decisioni finanziarie. Infatti, nella definizione del CCNC i crediti finanziari, anche se a breve, ed i debiti verso le banche a breve, medio e lungo (…su cui matura un interesse) vengono esclusi. Per la CASSA bisogna fare un discorso a parte. Se ci si riferisce a un’impresa industriale la voce cassa rappresenta della mera liquidità che aspetta di essere utilizzata – ad esempio per investimenti speculativi o semplicemente titoli di stato - o comunque rappresenta una sacca di liquidità incidentale che non riguarda il ciclo acquisto-trasformazione-vendite. Se, invece, l’impresa svolge (in maniera esclusiva o complementare) anche attività commerciale e di vendita al dettaglio o all’ingrosso (per esempio, anche solo con uno spaccio adiacente allo stabilimento), la cassa servirà per poter concludere le transazioni e, quindi, “chiudere” il ciclo acquisto-trasformazione-vendita (ad esempio, servirà per poter dare il “resto” ai clienti che acquistano i prodotti aziendali nello spaccio). In generale, il trattamento della cassa dipende dal tipo d’impresa che si analizza (ma questo principio vale per la maggior parte delle voci di bilancio che devono essere riclassificate – la riclassificazione non è mai un’operazione meccanica, bisogna sempre contestualizzarla in base all’impresa ed all’attività da essa svolta). Per le imprese industriali si ipotizza, in linea di massima, che la cassa sia fra le attività non operative (insieme con le altre attività monetarie).

10. In cosa consistono le analisi e le decisioni di make or buy? L’analisi di make or buy serve a stabilire se è più conveniente "produrre internamente" (internalizzare) un bene o un servizio oppure se vale la pena comprarlo da terze imprese (esternalizzare). Tale valutazione viene condotta sia su dimensioni economiche che organizzative e strategico-competitive. Sotto il profilo economico, l’analisi può essere condotta confrontando l’andamento – anche grafico – di CF, CV, CT, RT e Margini, nell’ipotesi di make e in quella di buy. Sulla scelta di make or buy tuttavia pesano anche valutazioni sui costi organizzativi, spesso occulti, che in caso di make richiedono maggiori sforzi di coordinamento e di controllo interno (maggiori costi di transazione invece devono essere valutati nel caso di buy); e sulle strategie, ossia sulla rilevanza strategico competitiva del prodotto - sul ruolo nella politica di differenziazione dell'offerta aziendale sul rischio di imitazione da parte dei concorrenti, ecc. ecc.

11. In cosa consiste la determinazione dell'EOQ? L' EOQ – o lotto economico di riacquisto - è la quantità di riordino che minimizza i costi di gestione delle scorte. Tali costi sono la somma di: ”costi di mantenimento” e “costi di ordinazione”. I primi crescono all'aumentare della quantità acquistata (considerando che il consumo non è istantaneo), i secondi invece diminuiscono all'aumentare della quantità acquistata, verificandosi economie di scala su tutte le singole attività amministrative e logistiche che riguardano il singolo ordine. Il costo di ordinazione, si intende, e' relativo a ogni singolo ordine. Non e' decrescente, in linea di principio, rispetto alla quantità totale, se tale quantità richiede numerosi ordini diversi e frammentati.

12. Cosa si intende per lay-out? Il lay-out è la “disposizione dell’azienda” riguarda cioè "la disposizione fisica delle strutture tecnico produttive, che compongono lo stabilimento e, in particolare, la disposizione delle strutture edilizie, delle macchine, delle attrezzature e dei posti di lavoro all'interno della fabbrica". Per i diversi tipi di lay-out degli impianti di produzione si rinvia al libro di testo.

13. A cosa servono le analisi di posizionamento nei processi di marketing di un’impresa? L’analisi di posizionamento permette di comprendere qual è la collocazione del prodotto o della marca aziendale nello spazio delle percezioni e delle preferenze dei clienti. Essa è utile per valutare l’efficacia della differenziazione dell’offerta, definire gli obiettivi della comunicazione, identificare le aree di debolezza aziendale e le più opportune strategie competitive.

14. A cosa serve il MOL? Sottraendo dal valore aggiunto il costo del lavoro si ottiene il Margine Operativo Lordo (MOL), che rappresenta il margine disponibile per il reintegro del capitale fisico consumato nella produzione (contabilmente, gli ammortamenti), per la remunerazione del capitale finanziario nonché per il pagamento delle imposte. Il MOL può essere definito anche come differenza tra ricavi monetari e costo monetario del venduto, ovvero come differenza tra i ricavi ed i costi monetari riconducibili al processo di acquisto, trasformazione e vendita. In tal senso il MOL assume un rilievo particolare nell'ambito dell'analisi della dinamica finanziaria aziendale poiché esprime il flusso monetario "potenziale" della gestione corrente. Sottraendo dal MOL gli ammortamenti si giunge al reddito operativo, vale a dire la quota di risultato disponibile per la remunerazione del capitale (di finanziamento ed azionario) e per il pagamento delle imposte. Evidentemente, in presenza di perdite operative, il valore aggiunto prodotto non è neppure sufficiente per recuperare i consumi di capitale fisico imputati contabilmente alla produzione dì esercizio. Sottraendo, infine, dal reddito operativo gli oneri finanziari netti, gli oneri/proventi relativi alle gestioni accessorie e le imposte si ottiene il reddito (o la perdita) netto.
Se costi e ricavi sono legati, per natura o per origine, a voci di SP, allora è immediato il legame fra MOL e CCNC e, poi fra RO e CCNC ed Immobili Operativi.

15. Quando si parla di variazione positiva del CCNC, ci si riferisce a un aumento dei crediti o a una loro diminuzione? Ovviamente a un aumento dei crediti (o specularmente di una diminuzione dei debiti), anche se a dire il vero la sequenza e' opposta: aumento delle vendite o delle dilazioni concesse ai clienti e quindi aumento del CCNC - a parità di volume dei debiti di funzionamento e delle dilazioni ottenute dai fornitori. Questo implica che l'azienda necessita di fondi per finanziare l'espansione del CCNC - trattasi cioè di assorbimento (i clienti che acquistano maggiori quantita' di prodotti e quindi legittimamente chiedono maggiori dilazioni di pagamento "assorbono" la liquidità aziendale).

16. Cosa si intende per "mercato servito" e "mercato contendibile"? In linea di principio il "mercato servito" e' quello al quale globalmente l'impresa si rivolge con una dato prodotto e con una data organizzazione di vendita. In tal senso tende a coincidere con la domanda primaria. Quello contendibile e' invece da considerarsi in termini strategici, ed e' rappresentato dal mercato che potrebbe essere "aggredito" (in tal senso conteso ad altre imprese) qualora lo si riuscisse a servire adeguatamente.

17. Come si calcola il margine di sicurezza in percentuale? Cosa si pone al denominatore? Il margine di sicurezza (MS) è una misura del rischio economico d’impresa. Il rischio – nelle economie di mercato – ha anzitutto natura commerciale, e quindi si configura quale “margine” che consente all’impresa di non rischiare perdite, nell’ipotesi in cui le attività commerciali non diano gli esiti attesi. Il calcolo avviene sottraendo alle quantità che si prevede di vendere le quantità di break even. Il MS viene sovente espresso in forma percentuale ponendo al denominatore della suddetta differenza le quantità che si prevede di vendere. Come evidenziato a lezione vi è una differenza fra la formula proposta sul libro di testo e quella proposta dal sottoscritto. Tale differenza e' riconducibile all'orientamento di fondo. Il gap fra massima quantità producibile e quantità di pareggio, rapportata alla quantità producibile indicherebbe il margine di rischio, ossia di quanto gli impianti possono essere sottoutilizzati prima che si rischi di non produrre risultati positivi (ossia di andare al di sotto del break even), nell’ipotesi non si siano scostamenti possibili fra produzione e vendita. Come dire che tutto ciò che viene prodotto viene anche venduto. Nelle moderne economie di mercato, però, non e' la produzione in sé che garantisce risultati economici positivi. Paradossalmente, l’impresa proprio in presenza di capacità produttive enormi, pur avendo un margine di sicurezza molto alto (e quindi un basso rischio teorico) ha maggiori probabilità di generare perdite. Cio' che conta, infatti, non e' la produzione ma la vendita sul mercato dei beni e dei servizi. La formulazione che vi ho proposto quindi e' maggiormente orientata al mercato. In tal senso (considerando la quantità prevista) il margine di sicurezza indica in che misura (decimale o percentuale) si "rischia" qualora si vendano quantità inferiori alle previsioni. Più alto e' il margine di sicurezza, più basso e' il rischio di incorrere in una perdita derivante al mancato raggiungimento del break even (del resto "sicurezza" ha un significato opposto a "rischio").

18. Qual'è la differenza tra misure sintetiche e analitiche e fra indicatori lead e lag, e fra misure desk e field? Le prime sintetizzano le performance dell'azienda riassumendo più informazioni relative ai diversi processi aziendali - ad esempio il ROI e' un indicatore sintetico dell'efficienza produttiva, dell'efficacia delle politiche di marketing, della performance della funzione approvvigionamenti, ecc. ecc.; quelle analitiche riguardano invece singole performance di processo o di funzione - la quota di mercato, il numero di difetti e rilavorazioni di un processo produttivo, ecc. ecc. Gli indicatori “lead”, invece, sono misure "anticipate" rispetto a quelle "lag". Ad esempio il livello di soddisfazione e la fedeltà dei clienti sono "lead" rispetto ai loro riacquisti e ai margini che generano per l'impresa. I ricavi e la redditività misurabile dalla tradizionale contabilità sono lag, arrivano cioè in netto ritardo rispetto all’evento che li produce, e quindi dopo che il comportamento dei clienti e la soddisfazione che l'impresa e' in grado di generare li ha determinati. Quelli field, infine, richiedono misure dirette sul campo, con ricerche e rilevazioni ad hoc. Quelli desk sono ottenibili a tavolino, ovvero in modo routinario mediante investimenti sui sistemi informativi aziendali. Le seconde quindi sono quasi sempre disponibili in tempo reale in azienda.

19. Cos'è il break down? E' la "frammentazione" di un indicatore sintetico in più indicatori analitici.

20. Cos'è il sistema di indici Du pont? E' un esempio di break down da un indice sintetico, il ROI, a indici analitici - turnover del capitale investito e ROS al primo livello e via via a ritroso fino a indici analitici funzionali. Trova un esempio del genere sul libro di testo a proposito di crescita sostenibile con il break down del ROE

21. Cos'è praticamente la BSC? E' un modello di misurazione sistemica delle performance d'impresa, che considera le diverse categorie di performance funzionali, interfunzionali, interne, esterne (relazionali), passate (economico-finanziarie), future (strategico-evolutive), ecc. ecc. E' cioè un sistema di indicatori bilanciato che tenta di considerare le diverse misure di performance dell’impresa (lead, lag, field, desk, analitiche e sintetiche).

22. Cos'è il valore diadico? Il valore diadico e' la relazione fra il valore che un cliente ottiene dall’impresa e quello che genera per la medesima impresa, riferito a uno oppure a più scambi nel tempo. E’, di fatto, la percezione di equità fra le ragioni di scambio nella prospettiva del cliente.

23. Le tecniche previsionali quantitative sono temporali e causali? Si, entrambe. Le prime si fondano su analisi delle medie e delle medie mobili relative alle vendite realizzate in periodi di gestione passati a fini estrapolativi; le seconde si fondano su analisi di regressione (in genere multiple) al fine di individuare variabili determinanti (indipendendi) le vendite, meglio se con un intervallo temporale di anticipo rispetto alle vendite stesse (variabile dipendente) – esempio vendite automobili rispetto alla previsione di vendita degli accumulatori (volgarmente detti “batterie”).

24. I beni di consumo sono quelli non durevoli? I beni di consumo sono quelli che vengono utilizzati da individui e famiglie nei loro comportamenti di consumo. Possono essere di "largo consumo" (in genere non durevoli) ad acquisto ricorrente – nel senso che esauriscono la loro utilità in un solo atto di consumo - oppure di consumo durevole (nel senso che le loro prestazioni sono attese in un intervallo di tempo lungo – vedere programma di Istituzioni di Economia Politica). Nella realtà c'e' chi consuma più “telefonini” che bagnoschiuma. Pertanto la definizione e' di carattere generale e serve a identificare beni che esauriscono in tutto o in parte la loro utilità in una atto di consumo (una volta mangiata una scatola di biscotti ....se ne deve comprare un'altra) e beni che invece hanno utilità ripetuta (una televisione per fortuna (?) la si può vedere ogniqualvolta la si accende e per un certo numero di anni).

25. Posso avere un chiarimento sulle attività accessorie non strumentali? Sono le attività - in genere immobilizzate - che non vengono impiegate in modo strumentale alla produzione caratteristica dell'impresa. Ad esempio immobili o altre forme di investimento che non entrano nel processo produttivo tipico dell'azienda.

26. Che succede se ro/ci=wacc? Significa che le sia le fonti di debito che il capitale proprio sono remunerate in misura "contrattualmente" adeguata e non vi sono "slacks", ovvero sovraprofitti per il management.

27. Cosa significa TAEG? Il taeg (tasso annuo effettivo globale) è quel tasso che rende uguali, su base annua, i valori attuali di tutti gli impegni presi (prestiti, rimborsi ed oneri) esistenti o futuri e permette di valutare correttamente il costo effettivo di un finanziamento, tenuto conto della durata del prestito, delle date previste per i rimborsi nonché di tutti i costi (anche le spese di istruttoria) richiesti per l’erogazione del prestito e del beneficio fiscale che se ne ottiene.

28. Nell'ipotesi di incremento del circolante netto il flusso di cassa si contrae perché il flusso monetario prodotto dalla gestione non è in grado di coprire il fabbisogno finanziario, mentre l'inverso accade nell'ipotesi di decremento che, liberando risorse finanziarie, dilata il flusso di cassa"? L'incremento del capitale circolante netto implica, in genere, una aumento dei debiti di funzionamento dell'impresa - ad esempio a seguito di uno sviluppo delle vendite che genera maggiori acquisti di materie prime, maggiori acquisti di componenti, maggiori stipendi e consumi di energia, ecc. ecc. - cui non corrisponde un sincronico aumento dei flussi in entrata derivanti dalle vendite (il che e' abbastanza fisiologico e frequente). In sostanza le imprese acquistano di più sostengono maggiori costi e vendono di più....ma al tempo stesso hanno maggiori crediti verso i clienti e chiaramente il flusso di cassa in entrata si contrae. Nel caso di decremento del CCN il fenomeno e' opposto. Pensi, ad esempio, a un'azione che l'impresa svolge per recuperare i crediti in tempi piu' rapidi o concedendo minori dilazioni di pagamento - da 90 a 60 giorni. IL CCN decresce e i flussi di cassa aumentano.

29. Perchè si dice: "se tra le fonti di finanziamento cresce il peso dell'indebitamento bancario, la struttura non si irrigidisce, mentre – sic! -diviene meno elastica? Il passaggio, invero, non e' dei più chiari. Anche a ragione del duplice significato che i continua concettuali “rigidità/flessibilità” ed “alta elasticità/bassa elasticità” assumono nelle politiche finanziarie dell’impresa (politiche di indebitamento). In un caso, infatti, si riferiscono alla componente temporale del passivo (fonti a breve, medio e lungo termine); nell'altro alla maggiore o minore semplicità con cui è possibile sostituire una fonte di finanziamento con un'altra. Ad esempio, al crescere del ricorso ai mezzi propri e' evidente che aumenti la possibilità di reperire fondi di terzi. In tal senso la rigidità della struttura non riguarda la reperibilità-intercambiabilita' delle fonti (un'azienda ben capitalizzata, cioè sceglie se e quando sfruttare la leva ricorrendo a varie forme di debito) - bensì la reversibilità del capitale versato dai soci. Il duplice significato di elasticità-rigidità, pertanto, consente di spiegare anche l'apparente contraddizione rilevabile a pagina 477 del libro di testo: l'indebitamento bancario non "irrigidisce" nel senso che può essere facilmente sostituito con altre forme come mutui, obbligazioni, finanziamento dei soci, ecc. ecc....ma certamente indebolisce - e quindi rende meno elastica la politica di indebitamento - la posizione dell'impresa sul mercato dei capitali. Ed e' proprio dal miglior bilanciamento delle due forme di elasticità che dipende la scelta delle politiche finanziarie (o di indebitamento). Nello specifico, se aumenta l'indebitamento bancario la struttura acquista in elasticità, in quanto si tratta di una forma di debito intercambiabile (consolidabile o sostituibile con aumenti di capitale, ecc. ecc.), ma diviene anche più rigida in quanto, se l'azienda avesse, in un secondo momento, bisogno di ulteriori mezzi di terzi, certamente sarebbe più difficoltoso procurarseli dalle banche, dato il comportamento “non imitativo” di tale genere di intermediari che giudicano in genere meno "sicuro" un prestito ad un'azienda già indebitata.

30. Come funziona in sintesi il metodo ABC riferito al cost management? In sintesi il metodo e' una evoluzione del full-costing a base multipla. Le basi, in oggetto, però, sono le attività aziendali (e per questo viene definito activity-based) descritte nel modello della catena del valore di Porter. In sostanza tutti i costi aziendali vengono imputati alle attività aziendali (principali o di supporto). Per ogni attività vengono anche misurate le performance - ossia le unità di output (vedasi esempi fatti durante la prima unità didattica di EGI e quelli durante la penultima sulla misurazione delle performance) - e dal rapporto fra costi dell'attività e unità di output emergono i costi per singola unità di attività. Tutti i prodotti aziendali, invece, vengono considerati nella loro evoluzione con riferimento a quante unità di output assorbono di ogni attività aziendale. Il costo di prodotto, infine, viene calcolato come costo pieno derivante dalle unità di attività assorbite dal prodotto per il rispettivo costo. Ad esempio: “totale costi amministrativi/numero di fatture emesse = costo per fattura”; “costo per fattura * numero delle fatture emesse per il prodotto = costo amministrativo del singolo prodotto”. Trattasi di un esempio grossolano, ma serve a spiegare la logica.

31. Potrei avere chiarimenti sul margine di contribuzione, su quello di sicurezza e sul punto di pareggio. Ho difficoltà nel fare gli esercizi? Il margine di contribuzione - in genere riferito a uno specifico prodotto - e' dato dalla differenza fra il prezzo e il costo variabile unitario. Può essere espresso in valore assoluto o in percentuale e misura il "contributo" che ogni singolo prodotto venduto offre alla copertura dei costi di struttura (o costi fissi e cioè invarianti nel breve periodo) e alla generazione di redditi. Il margine di sicurezza e' concettualmente espresso dalla differenza fra il volume di vendite previsto e il volume di vendite che assicura all'azienda il pareggio. E' solitamente misurato in percentuale con al denominatore le vendite previste: (Q prevista - Q pareggio)/ Q prevista e ciò al fine di tenere sotto controllo le vendite, e in caso di flessione, avere con immediatezza la percezione della sicurezza/rischio di non raggiungere il punto di pareggio (e conseguentemente prendere le opportune contromisure – vedasi anche la domanda numero 22). Il punto di pareggio e' un concetto applicabile a molte valutazioni aziendali e indica una situazione di indifferenza nella convenienza economica di due o più alternative operative, in genere caratterizzate da differenti gradi di rigidità strutturale (livello dei costi fissi e dei costi variabili). L'applicazione più diffusa e' riferita al "punto di pareggio" dei costi, ossia alla determinazione della quantità di prodotti che, se venduta, consente di "pareggiare" (coprire) i costi fissi e quelli variabili, relativi si intende alle suddette quantità.

32. Che cosa si intende per GAP di valore atteso? E' la differenza - lo scostamento alla lettera - fra valore atteso e valore percepito dai clienti. E' una misura della loro insoddisfazione.

33. lllustrare le modalità di calcolo del CRR, dell'AMP e del Life Time Value. Come rispondere e cosa si intende per customer loyalty? Entrambe le domande sono riferite a concetti esposti a lezione nel corso della seconda settimana. In sintesi la lealtà dei clienti (customer loyalty) e' lo stadio più solido delle relazioni che un'impresa può sviluppare con la domanda. Trattasi di una priorità elevata in quanto il valore dell'impresa (attuale e potenziale) dipende in via prioritaria proprio dallo stato delle relazioni con i clienti. CRR, AMP e LTV sono tre indicatori dello stato e del valore economico delle relazioni. IL CRR è il tasso percentuale di fidelizzazione della clientela; la longevità o anzianità media prospettiva (LPM o AMP) e' 1/1-crr; e il Life Time Value è pari a LMP moltiplicato valore medio annuo del fatturato o dei flussi di cassa generati da ciascun cliente (o dall'insieme dei clienti).

34. A cosa serve il calcolo del MOL? Per meglio comprendere il calcolo e le funzioni del MOL (vedasi anche le domanda 6 e 15 e le relative risposte) è bene ricordare che, a seconda dell’obiettivo d’analisi il CE viene riclassificato in base due criteri.
Tramite la riclassificazione “al Costo del Venduto” è possibile indagare la redditività dell’impresa secondo tre prospettive: 1) l’efficacia dell’attività produttiva; 2) la redditività dell’attività caratteristica; 3) la redditività delle attività aziendali diverse da quelle caratteristiche. Grazie a tale riclassificazione si perviene ad informazioni circa il “risultato lordo industriale” conseguito. Ad esso bisogna sommare o sottrarre costi e ricavi dell’area amministrativa e commerciale, per arrivare al RO (in inglese EBITDA o Earning Before Interests, Tax, Depreciation and Ammortization). Utilizzando, invece, il criterio del Valore Aggiunto ci si concentra sulla produzione, mettendo in evidenza quanto valore l’azienda è in grado di aggiungere alle MP e a tutti i fattori esterni acquisiti. Il VA ci dice quanta parte della produzione è imputabile all’attività svolta internamente. È attraverso tale riclassificazione che si giunge al MOL e, poi, al RO. Il MOL o EBITDA rappresenta il margine disponibile per il reintegro del capitale fisico consumato nella produzione (contabilmente, gli ammortamenti), per la remunerazione del capitale finanziario nonché per il pagamento delle imposte. Il MOL può essere definito anche come differenza tra ricavi monetari e costo monetario del venduto, ovvero come differenza tra i ricavi ed i costi monetari riconducibili al processo di acquisto, trasformazione e vendita. In tal senso il MOL assume un rilievo particolare nell'ambito dell'analisi della dinamica finanziaria aziendale poiché esprime il flusso monetario "potenziale" della gestione corrente. Sottraendo dal MOL gli ammortamenti si giunge al reddito operativo (EBIT Earning Before Interests and Tax), vale a dire la quota di risultato disponibile per la remunerazione del capitale (di finanziamento ed azionario) e per il pagamento delle imposte.

35. Sulla base di cosa si sceglie un canale distributivo? La scelta dei canali distributivi, che possono essere diretti o indiretti (questi ultimi con uno o più intermediari e quindi corti o lunghi), deve essere fatta considerando elementi relativi al mercato (es. numero di clienti potenziali da raggiungere, concentrazione geografica.…… pochi e concentrati meglio il canale diretto; molti e dispersi, meglio l'indiretto); al prodotto (es. ad alta deperibilità e di alto valore unitario? Meglio un diretto o un indiretto corto); alla presenza di intermediari in grado di distribuire il prodotto e al costo di interazione con tali intermediari (es. un canale indiretto corto, quale la distribuzione di un bene di consumo mediante una grande catena di supermercati e ipermercati nazionale o europea, presenta costi “inaccessibili” per piccole imprese che operano su base locale. La sola esposizione del prodotto nel punto di vendita di una catena del genere costa dai 50 ai 75 mila euro - cosiddetti contributi per il referenziamento).

36. Qual è la logica della formula ROE=ROI+(ROI-i)*grado di leva finanziaria?
La differenza fra redditività del capitale investito e costo del debito, spiega la redditività del C.P. in base al livello di indebitamento. Se ROI - i è negativo, (quindi l'effetto di leva è negativo data l'eccessiva onerosità delle risorse di terzi rispetto al loro rendimento), l'impresa ricorrerà al capitale proprio, aumentando così il P.N., e andando quindi ad incidere sul rendimento dell'equity (ROE). Il Roe, infatti, e' il risultato del ROI (quindi ROI +...) e del grado di utilizzo della leva finanziaria ( + ............* grado di leva) ponderato con il rapporto fra ROI e costo del capitale (ROI - i).
Provando a fare un esempio numerico ci si accorge che utilizzando solo il "ROI-i* grado di leva finanziaria" nell'ipotesi di redditività operativa inferiore al costo del capitale si avrebbe un valore negativo del ROE. E questo in quanto il grado di leva verrebbe moltiplicato con un valore che è i complemento del corso dell’indebitamento rispetto al ROI. In realta', invece, il valore di "i", se superiore al ROI, abbatte il ROI ma solo in quota parte (la quota parte del capitale di terzi misurata con il grado di leva).

37. Cos’è il TIR? Il TIR e' il tasso interno di rendimento (o tasso implicito da alcuni indicato come TIM, in inglese IRR), ossia la misura del rendimento di un dato investimento aziendale. Si calcola ponendo la sommatoria del flussi attualizzati pari a zero e risolvendo la formula che segue rispetto a “r”:

t=1

S Ft (1+r)-1 - Fo (il flusso negativo iniziale dell'investimento) = 0

n

Il TIR, quindi, è quel particolare tasso che rende identici i valori dei flussi positivi e negativi di un progetto. In termini di implicazioni manageriali, rappresenta il costo massimo della raccolta di fondi (da investire) che può essere sopportato se si vuole mantenere conveniente l'investimento.